IL PARERE DELL’ESPERTO_ Allenare l’empatia per promuovere un rapporto simmetrico con i propri colleghi

23 luglio 2024
IL PARERE DELL’ESPERTO_ Allenare l’empatia per promuovere un rapporto simmetrico con i propri colleghi

Di Raffaella Rizzardi, Communication and Demand Generation Manager

Nell’ultimo post, dedicato alle piccole insidie della comunicazione aziendale, ho raccontato di come Rosemberg segnali che ci sono delle forme di linguaggio e comunicazione che contribuiscono ad una modalità violenta, nel senso di anti-empatica, di comportarci, tra queste:

  • L’uso di giudizi moralistici e classificazioni (ad esempio noi vs loro, che ovviamente hanno torto)
  • L’utilizzo di paragoni
  • Negare le proprie responsabilità
  • Comunicare in forma di pretese

Oggi mi soffermo sul primo di questi, l’uso di giudizi moralistici e classificazioni.

Si tratta di un modo di comunicare che viene spesso utilizzato e si attiva quando mescoliamo l’osservazione alla valutazione. In questi casi, gli altri tenderanno a percepire questo nostro comunicare come una critica e si metteranno così sulla difensiva.

Faccio qualche esempio, se diciamo: “Serafino è un ritardatario”, staremo esprimendo un giudizio statico, astratto, privo cioè di contesto. L’atteggiamento di Paolo, in questo caso, si modificherà di conseguenza con una chiusura importante.

Viceversa, se invece cercheremo di contestualizzare la frase così: “Serafino mi ha detto di non riuscire a completare quel task, nei tempi richiesti”, staremo circostanziando la frase, mettendogli quindi un perimetro e un confine privo di giudizio.

Oltre a modificare la costruzione della frase e il modo di comunicarla, per evitare di esprimere giudizi, è possibile abilitare, forse ancora meglio allenare, un altro ambito, quello dell’empatia.

Tempo fa ho letto il testo di una professoressa americana, Brené Brown, che diceva:

“Empatia è sentire con le persone, è scelta di vulnerabilità, perché per connettermi con te, devo connettermi con qualcosa di me che non conoscevo”. E di questo, in effetti, si tratta.

In generale, si parla spesso di due tipi diversi di empatia:

  • empatia emotiva: la capacità di intercettare i sentimenti degli altri, di sentire insieme agli altri
  • empatia cognitiva: capacità di intercettare le ragioni, le motivazioni profonde che portano una persona ad agire

Ogni persona è portata, per caratteristiche proprie, a sviluppare una delle due. Poco importa quale.

L’importante, come afferma Brené Brown, è invece allenarsi a lasciare quello spazio affinché gli altri possano dirci quello che sentono. Metterci accanto, quindi, e in ascolto.

Per farlo è importante prima di tutto esprimere sé stessi, i nostri sentimenti, così da raggiungere anche la fiducia del nostro interlocutore.

Faccio un esempio. Se prima di una presentazione importante ci trovassimo in difficoltà, invece di celare questa insicurezza, potremo aprirci all’altro manifestandola in questo modo: “Oggi sono un po’ nervoso per questa presentazione”.

Una semplice ammissione porterà infatti a sviluppare una nuova, e potentissima, simmetria con il nostro interlocutore, e un rapporto virtuoso con chi ci sta accanto.

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