Conoscere il mercato e i suoi nuovi trend in anticipo. Ma non solo. Conoscerlo e analizzarlo attraverso la voce di esperti del settore, opinion leader capaci di offrire spunti di riflessione e uno sguardo alto sul mondo IT.
È questo l’obiettivo de “Il punto di vista”: una serie di interviste, ed eventi, che hanno l’obiettivo di diffondere la Cultura Digitale.
Si tratta di momenti contributivi con un format agile per conoscere l’Innovazione e guardarla attraverso lo sguardo di chi la detta.
La nuova voce d’eccezione è Gianluca Medea, Direttore Generale di Tectel, per parlare di competenze e formazione.
Chi sei, cosa fai e tre aggettivi per descriverti
Sono Gianluca Medea, il job title dice che il ruolo è quello di Direttore Generale.
L’azienda in cui lavoro ha avuto negli ultimi anni una forte evoluzione, era quindi necessario formalizzare maggiormente, e rendere più parlante, il mio ruolo che racconta anche una prossimità sempre costante ai Clienti.
Lavoro da sempre nell’ambito informatico, proprio da questo settore ho acquisito la capacità e la volontà di continuare ad evolvere.
A proposito degli aggettivi direi curioso, al primo posto, e osservatore, al secondo. Il terzo aggettivo è invece l’evoluzione dell’osservatore, cioè la capacità che mi porta a usare l’immaginazione sempre, anche nella vita quotidiana. Quindi direi un ponte tra i primi due.
Oggi docente, ieri IT Manager, grazie alla tua esperienza hai acquisito un punto di vista duplice sul mondo IT: qual è la tua percezione di questo settore, a che punto siamo?
Ho avuto la fortuna di iniziare in un grande gruppo che mi ha dato la possibilità di formarmi a 360 gradi e di evolvere.
Ai tempi l’azienda per cui lavoravo aveva acquisito altre tre aziende in Europa, ho viaggiato molto per seguirle dal punto di vista informativo.
È grazie a quest’esperienza che ho capito che, quando si tratta di cambiamenti tecnologici, l’informatica è l’ultimo dei problemi. Serve, invece, comunicare con le persone, un accompagnamento e un supporto che si declina quasi in una figura di counseling quando si tratta di gestire un cambiamento.
E la capacità di comunicare riguarda tutte le figure informatiche (IT, Ciso…), perché queste devono avere un background di competenza tecnica, ma anche, e soprattutto, di comunicazione.
Non solo. La differenza tra il sapere comunicare, e il non riuscire a farlo, comporta anche la percezione dell’IT in azienda: perché senza questa l’IT sarà sempre considerato un costo e non una risorsa.
Il tema delle informazioni, e della comunicazione, poi, riguarda anche l’ambito della cybersecurity: bisognerebbe sempre parlare di information security, perché la protezione riguarda le informazioni, non solo l’ambito digitale.
Il settore IT avrebbe quindi bisogno di una maggiore presa di coscienza dell’importanza del linguaggio, solo così è possibile fare quel salto che permetterebbe alle tecnologie di abilitare, davvero, il futuro.
Quali sono invece le competenze per abilitare l’innovazione?
Oggi in azienda c’è molto scostamento tra quello che viene proposto dai grandi vendor e quello che viene implementato. Quando si installa una nuova piattaforma in azienda si deve far partecipare a tutte le fasi, dall’analisi ai test, gli utenti che utilizzeranno questa piattaforma.
È fondamentale formare le persone, tutto quello che per noi IT è per scontato, per gli altri non lo è. Direi quindi che servono un po’ meno meno competenze tecniche (che a mio avviso già ci sono) e più comunicative, utili anche per comprendere come valorizzare quanto fatto. Spesso a mancare è proprio il rapporto umano con la tecnologia, il tema della formazione è quindi imprescindibile in tutte le aziende.
Si implementa spesso per urgenza e senza adeguata spiegazione. Quindi torna il tema della comunicazione.
Altrimenti la tecnologia verrà subita e non gestita.
Non solo. In questi anni di carriera mi sono reso conto che la formazione ha anche un potere enorme: proprio grazie ai corsi che presentavo, avevo la possibilità di fotografare al meglio l’azienda. Se, per esempio, ai corsi di formazione partecipa il board, si può intuire l’importanza che viene data a questa. Da lì, se i messaggi vengono ben accolti, si può innescare un circolo virtuoso bellissimo, perché la consapevolezza porta a voler estendere la conoscenza anche ai propri famigliari.
Come realizzi i corsi di formazione?
In maniera sartoriale, sempre. Spesso le persone in azienda con cui mi interfaccio di più sono del Dipartimento Risorse Umane o dell’IT, è con loro che cerco di realizzare corsi che rispondano al meglio alle esigenze e alla storia dell’azienda.
Ho un elenco di argomenti, sì, ma sono in continua evoluzione proprio come evolve questo settore. Basti pensare che l’ultimo master sulla sicurezza a cui ho partecipato era tenuto da una criminologa. Oggi, infatti, serve soprattutto entrare nella mente delle organizzazioni criminali per anticipare o mitigare le minacce informatiche. A loro volta anche i criminali si sono evoluti nella loro capacità di comunicare. La tecnologia, insomma, è come un prerequisito oggi e, in questo contesto, la formazione sulle minacce è diventata una priorità sociale, che impatta su tutti, senza alcun tipo di barriera.
Qual è secondo te l’Innovazione tecnologica più disruptive di sempre?
Se penso al mio contesto, alla necessità di spostarmi sempre, direi il navigatore GPS perché mi ha semplificato davvero la vita. A livello generale, penso invece che sia la scoperta del gruppo sanguigno. Si tratta infatti della scoperta che ha permesso di salvare più vite al mondo. Non solo è stata fatta un’incredibile scoperta, ma anche l’utilizzo ha raggiunto una grande fruibilità, tramite un esame del sangue. La sceglierei quindi proprio per questa combinazione: eccezionalità della scoperta e facilità di fruizione, un mix molto efficace. Ecco, proprio come dovrebbe essere la fruizione della tecnologia.