Di Raffaella Rizzardi, Communication and Demand Generation Manager
Nel corso dell’ultimo articolo ho raccontato i primi nemici dell’empatia e della comunicazione non violenta: l’uso di giudizi moralistici e le classificazioni.
Oggi vorrei soffermarmi di più sulle differenze tra comunicazione non violenta e violenta e su alcuni spunti per promuovere uno scambio virtuoso.
La comunicazione violenta viene definita dal suo ideatore Marshall Rosemberg come comunicazione sciacallo, è di fatto la comunicazione che spesso utilizziamo nel quotidiano, è definita violenta perché piena di pregiudizi, interpretazioni e valutazioni.
La comunicazione non violenta, invece, anche definita come comunicazione giraffa (la giraffa è l'animale con il cuore più grande) si basa sull’empatia e si sviluppa anche attraverso il fare domande all’altro. Significa quindi aiutare l’altro a parlare attraverso domande, senza esprimere mai il proprio giudizio o dare consigli non richiesti.
Come appena raccontato, la comunicazione empatica (o giraffa) non è immediata, ecco perché è importante allenarla. Ma come? Una modalità è proprio attraverso le domande.
Il processo che realizza questo tipo di comunicazione parte dall’osservazione concreta, che permette di non basarsi su valutazioni soggettive o generalizzazioni che metterebbero l’altro sulla difensiva. Si contestualizza, quindi, così da non far sentire l'altro aggredito o giudicato.
Esempio: Gildo è aggressivo (giudizio). Ieri, Gildo, mentre guardava la partita, ha preso a calci un oggetto (osservazione).
Una volta osservato, il passo successivo racconta l’esplicitazione del bisogno e l’azione.
Tradotto in domande, potremo partire da domande che si basano sull’aspetto cognitivo (cos’hai pensato?), per poi passare all’emozione (cosa provi?), all'esplicitazione del bisogno (quali sono i tuoi bisogni in questo momento? Come pensi di soddisfarli?), per arrivare ai comportamenti (cosa vuoi fare? cosa farai?): si tratta di domande che non impattano sull’altro, non giudicanti e che non vengono percepite come invasive ma come una dimostrazione di interesse.
Non si tratta tanto di condividere ma di accogliere, l’empatia infatti non è simpatia, anzi, l’altro potrebbe esprimere qualcosa che non ci piace. L'empatia è sospensione del giudizio, è ascolto, è rispetto del mondo dell'altro così com'è.
L'obiettivo è comprendere l’altro e farlo sentire accolto e riconosciuto, così da favorire uno scambio simmetrico e reciproco.